Vogliamo provare a immaginare che cosa ci riserva il futuro?
09.10.2024
Prof. Massimo Palleschi
Carissimi Soci,
in precedenti occasioni abbiamo avuto la possibilità di riflettere sul futuro degli anziani.
Nel caso specifico vorrei rivolgere uno sguardo di insieme alle prospettive che i prossimi anni possono riservare non solo alle persone anziane, ma anche a quelle meno avanti con gli anni, io penso soprattutto ai nostri figli e nipoti.
Ovviamente nessuno è dotato di poteri magici, tuttavia qualche risposta possiamo tentare di darla, soprattutto se escludiamo dal tema alcuni innovativi problemi di importanza universale come il cambiamento climatico, l’intelligenza artificiale, il ricambio energetico, sui quali avrei molte difficoltà a fare qualche osservazione che non sia del tutto banale.
Se invece ci riferiamo ad altre aspettative, forse più alla nostra portata conoscitiva, vorrei iniziare con un atteggiamento ottimistico verso il nostro futuro finanziario. Dobbiamo infatti tenere presente il continuo miglioramento del benessere economico registrato nel corso degli anni. Persino in Africa che molti fino a pochi anni fa ritenevano un continente senza speranza abbiamo avuto un significativo cambiamento delle condizioni di vita documentato anche dall’incremento dell’età media di vita (speranza di vita alla nascita), ancora molto indietro rispetto a quella dei Paesi avanzati, ma in forte crescita rispetto ad un passato non lontano. Fino a pochi decenni fa vi erano Paesi in Africa la cui durata media di vita non superava i 35-40 anni, evento che non si verifica più. Anche le morti per fame non sono così numerose come in passato.
Se dal versante economico-sociale rivolgiamo l’attenzione più specificamente alla salute, le prospettive sono ancora più lusinghiere, infatti continuerà l’incremento della durata della vita, sempre più vicina al limite massimo assegnato a ciascuna specie.
Oltre all’incremento della durata della vita, il futuro ci riserva una seconda rivoluzione: il miglioramento delle condizioni funzionali. Oggi un uomo di 80-90 anni si trova in condizioni di efficienza superiori a quelle di una persona di pari età di 40-50 anni fa.
Attualmente non è eccezionale riscontrare anziani che a 90 anni guidano l’automobile, viaggiano, partecipano a eventi teatrali, seguono i corsi dell’Università della terza età, attività impensabili fino ad un recente passato.
Con il miglioramento dell’efficienza funzionale degli anziani, assisteremo ad un loro spiccato attivismo, comprendente anche l’ambito occupazionale o strettamente lavorativo. In sintesi gli anziani odierni, ma soprattutto di domani, sono e saranno “meno vecchi” dei rari anziani di ieri. Un aspetto del futuro che invece non mi sembra favorevole riguarda gli eventuali lasciti da riservare a figli e nipoti. Personalmente non ho simili programmi e credo che la gioia di trasmettere qualcosa ai miei tre figli e dieci nipoti non sia tanto in relazione all’eredità di beni materiali, quanto al piacere di non lasciare disperso qualche buon sentimento, qualche entusiasmo per la vita, qualche buona idea, qualche buon esempio. Però anche senza supervalutare il quattrino, ci può fare piacere lasciare qualcosa di più concreto. E’ proprio qui che vengono i problemi. Se non c’è qualcuno a cui lasciare un bene patrimoniale, come risolviamo il problema? Si tratta di un’evenienza sempre più frequente. Nel nostro Paese nel 2023 sono nati 379.000 bambini, mentre i morti sono stati 661.000, un saldo negativo impressionante che porterà a una forte riduzione della popolazione italiana. Anche la quota della popolazione in grado di lavorare subirà una progressiva riduzione e diminuiranno sempre di più le persone in grado di portare avanti le grandi industrie di tipo familiare. Però anche riferendosi a eventi meno rilevanti, può essere poco incoraggiante che una persona non sappia a chi lasciare quel poco che possiede. Un altro aspetto che stimola la mia attenzione sul futuro riguarda l’evoluzione che subirà la cultura. In linea di massima il progresso comporta un incremento della cultura ed è vero anche l’inverso contribuendo un più elevato livello culturale di una popolazione all’incremento del benessere socio-economico in una sorta di circolo virtuoso. Devo confessarvi che nonostante il mio ottimismo di base, da un po' di tempo vedo in prospettiva una situazione culturale in Italia non molto rosea. Nomino solo alcuni indizi di precarietà:
- lo scarsissimo numero di Premi Nobel assegnati all’Italia, soprattutto quelli riguardanti discipline scientifiche
- la rara applicazione del metodo meritocratico sia in ambito scolastico che lavorativo: per quest’ultimo aspetto basti citare le promozioni di grado dei magistrati per anzianità!
- la bassa percentuale di lettori, sia di quotidiani, sia di libri (al di là della riduzione generalizzata prodotta da Internet)
- il basso punteggio delle Università italiane nelle classifiche stilate dai più importanti Istituti internazionali di valutazione sulla qualità della ricerca e della didattica delle università.
Termino queste brevi riflessioni sul futuro, accennando all’aspetto più importante della nostra esistenza, ed anche forse il più difficile a prevedere, quello della pace, dell’assenza di guerre. Per molto tempo, dopo la fine della seconda guerra mondiale, si è pensato che avremmo goduto di un lungo periodo di pace e già solo per questo motivo potevamo considerare molto positivo il futuro che ci aspettava. Del resto un’epoca di oltre 70 anni senza guerre totali non si era mai vista in Europa. Purtroppo gli avvenimenti recenti non sembrano confermare speranze di questo tipo e il pericolo di catastrofi non appare assurdo. Non mi rimane che ribadire a me stesso e a voi una riflessione a cui io do molta importanza: la vita è piena di eventi dolorosissimi ed anche tragici, ma anche di gioie inestimabili. Si tratta di non farsi travolgere dai primi e di apprezzare, ricercare e coltivare le seconde.
Massimo Palleschi