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Medici, nessun indugio. Se gli anziani hanno un’infezione alle vie urinarie l’antibiotico è d’obbligo

07.03.2019
Sigot

Negli ultimi anni i medici sono diventati molto più attenti nella prescrizione degli antibiotici. Tuttavia, in una popolazione fragile come quella anziana, occorre soppesare bene i rischi di un intervento tardivo. Assumere l’antibiotico immediatamente dopo una diagnosi di infezione urinaria può salvare la vita alle persone over 65. Chi aspetta troppo prima di iniziare la terapia rischia la setticemia e addirittura la morte. A denunciare i pericoli di un intervento tardivo è uno studio appena pubblicato sul British Medical Journal che invita i medici a non indugiare: ci sono casi in cui gli antibiotici vanno usati senza pensarci due volte. E di fronte a un paziente anziano con infezione del tratto urinario la consueta prudenza con cui si prescrivono le terapie antibiotiche, giustificata dal timore di favorire l’antibiotico-resistenza, deve essere sospesa. Sì perché la regola dell’uso moderato di antibiotici per evitare la diffusione dei pericolosi super-batteri non è universale, ma va applicata cum grano salis. Gli autori dello studio hanno raccolto informazioni su più di 300 mila infezioni del tratto urinario insorte in più di 150 mila pazienti dall’età media di 77 anni tra il 2007 e il 2015. «Poiché il modello dell'uso di antibiotici è cambiato nel contesto della resistenza antimicrobica, è ora più importante che mai valutare la gestione e l'esito delle infezioni del tratto urinario. Un calo nell'uso di antibiotici può, tuttavia, danneggiare le popolazioni più anziane vulnerabili che hanno già maggiori probabilità di sviluppare complicazioni correlate alle infezioni del tratto urinario e infezioni del flusso sanguigno», scrivono gli autori dello studio. Secondo le loro stime in media ogni 37 pazienti che non si curano con gli antibiotici e ogni 51 pazienti che ritardano la terapia si verifica un caso di sepsi (setticemia) che si sarebbe potuto evitare con una terapia antibiotica tempestiva. L’immediato ricorso ai farmaci, inoltre, tiene lontani i pazienti dagli ospedali. La percentuale di ricoveri tra le persone che hanno iniziato subito la cura è la metà (15%) rispetto a quelle che hanno iniziato tardi o non hanno iniziato affatto la terapia (27%). Lo studio, di natura osservazionale, non può stabilire un legame di causa ed effetto tra le cure mancate o rinviate e le complicanze dell’infezione. Tuttavia i ricercatori invitano i medici di famiglia a «prendere in considerazione la prescrizione precoce di antibiotici per la fascia di popolazione più vulnerabile, data la loro maggiore suscettibilità alla sepsi in seguito a un’infezione del tratto urinario. E di farlo nonostante la pressione sempre crescente a ridurre l’uso inappropriato di antibiotici». Tuttavia, secondo Alastair D Hay, esperto di salute pubblica dell’Università di Bristol e autore di un editoriale di accompagnamento allo studio, il pericolo che i medici di famiglia mettano a rischio la salute dei pazienti per combattere l’antibiotico-resistenza è piuttosto basso.

https://www.bmj.com/content/bmj/364/bmj.l525.full.pdf
https://www.bmj.com/content/bmj/364/bmj.l780.full.pdf