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Prevalenza e caratteristiche clinico-funzionali del paziente anziano ospedalizzato

31.01.2011
Sigot

 

Prevalenza e caratteristiche clinico-funzionali del paziente anziano ospedalizzato

Marinello R, MD, Isaia G, MD, Fonte G, MD, Corsinovi L, MD, Merlo C, MD, Horjeti E, MD, Comba M, MD, Pricop L, MD, Obialero R, MD.
Dipartimento di Discipline Medico-Chirurgiche, Divisione di Geriatria, Ospedale San Giovanni Battista di Torino, Università di Torino

Introduzione
L’Associazione internazionale per lo studio del dolore definisce il dolore come “un’esperienza spiacevole, sensoriale ed emotiva, associata a un danno tissutale in atto o potenziale, o descritto in termini di tale danno” (1).
La semeiotica classica definisce il dolore come un sintomo, il più soggettivo tra i sintomi, il più influenzato, mediato, ingigantito o ridotto da infinite variabili psichiche, personali, culturali, sociali e ambientali. Non esistono marker biologici o esami strumentali in grado di obiettivare in modo preciso l’intensità e le caratteristiche del dolore provato. La migliore e più accurata valutazione del dolore è unicamente la descrizione del paziente, influenzabile da numerose variabili, quali le precedenti esperienze, il livello culturale, l’età, lo stato affettivo ecc. (2, 3).
Per quanto il dolore colpisca trasversalmente tutte le età della vita, l’anziano, a causa dell’elevato indice di comorbidità, rappresenta un soggetto nel quale il dolore non solo si manifesta frequentemente, ma viene anche spesso misconosciuto e sottotrattato e sottostimato. Questo è dovuto a diversi fattori, tra i quali il frequente under-reporting da parte dell’anziano, le elevate possibilità di presentazione atipica, dovuta a diminuite riserve fisiologiche e comorbilità, la presenza di disturbi cognitivi che ostacolano o impediscono la dichiarazione e la descrizione del sintomo e le false credenze riguardo alla inevitabile associazione invecchiamento-dolore. Il dolore con le sue importanti conseguenze psicologiche e cliniche può compromettere uno stato funzionale già alterato con perdita dell’autonomia e causare severa mortalità e morbidità (4).
Il problema del dolore nell'anziano è complicato dal fatto che una percentuale rilevante, compresa tra il 50 e il 60%, è affetta da decadimento cognitivo (5), condizione in cui è documentato un maggior rischio di sottotrattamento del dolore, principalmente per la difficoltà di valutarne la presenza (6).
In particolare il dolore cronico, che non si associa a modificazioni fisiologiche, quali aumento della frequenza respiratoria e cardiaca, della pressione arteriosa, pallore e sudorazione profusa, che sono spesso indicatori di episodi di dolore acuto, è a maggiore rischio di essere sottostimato (7).
I pazienti con deficit cognitivo hanno 1,5 probabilità in più di non ricevere un trattamento rispetto a coloro che sono cognitivamente integri. I soggetti con demenza sottoposti a intervento chirurgico per frattura di femore hanno ricevuto meno analgesici oppioidi (circa un terzo) rispetto a coloro che non avevano deficit cognitivo (8).
Sono stati condotti studi per valutare se il decadimento cognitivo e, in particolare, le diverse forme di demenza (maggiormente studiate sono state la demenza di Alzheimer, la demenza Vascolare e la demenza Frontotemporale) fossero responsabili di una modificazione nella percezione del dolore, ma i risultati non confermano nè spiegano sostanziali differenze (4).
L’obiettivo principale del progetto è stato valutare la prevalenza del sintomo dolore in una popolazione anziana ricoverata in area medica. 

Materiali e Metodi
E’ stato condotto uno studio epidemiologico osservazionale che ha coinvolto 400 pazienti di età maggiore di 65 anni ricoverati in ambiente ospedaliero in area medica (Divisioni ospedaliere di Medicina Generale o Geriatria). Il reclutamento dei pazienti è stato effettuato tra il 1 luglio e il 30 settembre 2009. Tutti i pazienti, previa accettazione del consenso informato, sono stati sottoposti a un questionario valutativo dello stato funzionale (Activities of Daily Living - ADL, Instrumental Activities of Daily Living - IADL)(9, 10), cognitivo (Short Portable Mental Status Questionnaire - SPMSQ)(11), del numero e della severità delle patologie (Cumulative Illness Rating Scale - CIRS1 e 2) (12), della qualità della vita (Zung)(13) e del tono dell’umore (Geriatric Depression Scale - GDS)(14). Inoltre, tutti i pazienti sono stati indagati per la presenza di dolore. La valutazione del dolore è stata effettuata utilizzando, per i pazienti cognitivamente integri la Numeric Rating Scale (NRS) e per i pazienti con più di 5 errori all’SPMSQ, la scala Pain Assessment in Advanced Dementia (PAINAD) (15). Questa scala, disponibile in lingua italiana, è composta da 5 item: respiro, vocalizzazione negativa, espressione facciale, linguaggio del corpo, consolabilità (reazione del soggetto all’intervento dell’operatore o del caregiver finalizzato a distrarre o fornire rassicurazione con le parole e il tocco).
Ogni item è valutato con una scala di gravità dove 0 corrisponde all’assenza di comportamento che esprime dolore, 1 alla presenza occasionale o di entità moderata del comportamento che esprime dolore, 2 alla continua o grave manifestazione del comportamento che esprime dolore. Il range della scala va da 0 a 10 (sulla base di una scala da 0 a 2 per cinque comportamenti); a punteggio maggiore corrisponde più grave dolore: da 0 (assenza di comportamenti che esprimono dolore) a 10 (presenza continua di comportamenti che esprimono dolore).
L’analisi statistica è stata condotta con SPSS per Windows. Le variabili continue sono state valutate con asimmetria e curtosi; tutte le variabili sono risultate normalmente distribuite. E’ stata calcolata la prevalenza grezza, età e sesso specifica di dolore. E’ stata valutata l’associazione del dolore con le variabili misurate mediante tabelle di contingenza e Odds Ratio con relativi intervalli di confidenza al 95% per le variabili dicotomiche. Per le variabili continue è stata utilizzata ANOVA. Le variabili risultate significativamente associate al dolore sono state introdotte in un modello logistico multivariato con metodo passo-passo in avanti. 

Risultati
I risultati hanno evidenziato come i 400 pazienti inclusi nello studio fossero molto anziani (età media 81,73±7,42) e tutti afferiti in ospedale per patologie acute non necessariamente legate al sintomo dolore. Tra le patologie di più frequente riscontro si trovano le riacutizzazioni di malattie croniche, quali scompenso cardiaco e BPCO, ma anche scompensi glicemici, malattie cerebrovascolari, gastrointestinali, neoplastiche e patologie osteoarticolari. Per quanto riguarda le caratteristiche funzionali, quella esaminata è una popolazione di soggetti che presentano un grado di compromissione funzionale moderato grave con importanti limitazioni funzionali sia nelle attività della vita quotidiana che nelle attività strumentali (ADL: 4,11±2,19, IADL: 3,70±4,25). Dal punto di vista cognitivo, si tratta di una popolazione mediamente compromessa (SPMSQ: 5,13±3,49) e questo incide maggiormente sulla capacità che tali pazienti hanno di esprimere e oggettivare il sintomo dolore. Inoltre, i risultati dimostrano come la comorbidità sia quanto mai attuale e presente nell’anziano con elevati punteggi sia per quanto riguarda il numero medio di patologie sia per quanto riguarda la severità clinica delle stesse (CIRS1: 1,62±0,78; CIRS2: 8,42±6,9). Tutte queste condizioni non possono che ripercuotersi sulla qualità della vita, valutato mediante la Zung. Tale scala, che esprime il benessere psicologico nell’anziano, è risultata essere oltre i limiti superiori, indicando, quindi un disagio importante che si riflette direttamente sul tono dell’umore (GDS: 9,12±6,9) e sulla qualità della vita (Zung: 57,61±8,98).
Per quanto riguarda direttamente il problema del dolore, dei 400 pazienti esaminati, 212 (53%) manifestavano dolore all’ingresso. Di questi, 74 manifestavano un dolore acuto, insorto da un tempo inferiore a 3 mesi, mentre 138 manifestavano un dolore di tipo cronico (superiore a 3 mesi). Le scale valutative specifiche per il dolore dimostrano un quadro di sintomatologia algica di grado lieve-moderato sull’intera popolazione, valutata mediante la NRS per i pazienti cognitivamente integri (342 pazienti) e mediante la PAINAD per i pazienti con un deterioramento cognitivo (158 pazienti) (NRS: 3,69±3,26; PAINAD: 2,66±2,78). Dall’analisi multivariata il dolore è risultato essere statisticamente associato con la scarsa autonomia funzionale e con la severità della comorbidità.
Un dato significativo emerso dalla nostra analisi è rappresentato dall’alta percentuale di pazienti negletti per il problema dolore; infatti il numero di pazienti trattati per sintomatologia algica è risultato essere inferiore rispetto al numero di pazienti riferenti dolore, dei 212 pazienti con dolore, solo il 42% risultava effettivamente in trattamento per tale sintomatologia al momento del ricovero e nel 51% dei pazienti già in terapia antalgica al domicilio è stato necessario modificare lo schema terapeutico per ottenere un miglior controllo del dolore. Tra i pazienti che presentavano dolore al momento del ricovero con anamnesi negativa per farmaci antalgici, soltanto il 28% è stato sottoposto a terapia del dolore. 

Conclusioni
I risultati del presente studio permettono di porre delle considerazioni rilevanti sia sulla diffusione che sul trattamento del sintomo dolore su un ampio campione di anziani ricoverati in ospedale per patologia acuta o riacutizzazione di patologia cronica. Si può assumere che nella popolazione esaminata il dolore sia un sintomo diffuso e frequente, ma spesso sottovalutato e a volte poco riferito dal paziente stesso. Mentre il dolore acuto riceve maggiori attenzioni da parte del personale medico-infermieristico per via della manifestazione relativamente improvvisa e inaspettata, il dolore cronico viene talvolta annoverato nella serie dei problemi tipici di un soggetto anziano e quindi ipotrattato (16). Un elemento critico della valutazione del dolore nei pazienti affetti da deterioramento cognitivo è rappresentato dal fatto che gli strumenti utilizzabili sono di tipo osservazionale e consentono quindi una misurazione indiretta dell'intensità del dolore, infatti in assenza di autovalutazione la stima dell’intensità del dolore si ottiene attraverso la rilevazione della gravità o frequenza del comportamento, assumendo per vero che quel comportamento sia espressione di dolore e non manifestazione del deficit cognitivo associato alla gravità della demenza. Ma è dimostrato che la gravità della demenza può modificare, attenuandola o esacerbandola, la manifestazione del comportamento che esprime la sensazione dolorosa provata dal soggetto (17).
In tali situazioni diventano cruciali la conoscenza del paziente, le informazioni fornite dai caregiver oltre ad una formazione specifica da parte di chi assiste, per discriminare un disturbo del comportamento abitualmente manifestato dal paziente da un disturbo con il quale il paziente potrebbe comunicare la presenza di dolore (18).
Un altro aspetto critico emerso dalla nostra indagine, è la conferma della scarsa propensione da parte dei medici ad utilizzare farmaci antalgici, soprattutto oppiacei, che può derivare in parte da alcune considerazioni cliniche (ridotta funzionalità renale, ridotta massa magra, ridotto metabolismo dei farmaci, problemi neuro recettoriali che amplificano gli effetti collaterali dei farmaci), in parte da retaggi culturali negativi nei confronti degli oppiacei sia da parte del personale sanitario sia da parte dei familiari (19, 20). Nonostante le campagne di informazione sia del Ministero della Salute sia a livello regionale, il sintomo dolore risulta ancora scarsamente considerato in ambito ospedaliero, in particolare nei confronti del paziente anziano fragile e affetto da decadimento cognitivo ed è necessario quindi favorire e stimolare percorsi di formazione e di sensibilizzazione ad hoc del personale medico-infermieristico. 

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